2022/04/10

Eresia dal greco "SCELTA". Don Ciotti ci augura di essere eretici


Eresia , dal greco  αἵρεσις significa «scelta»

Una riflessione di Don Luigi Ciotti , il sacerdote che da anni vive sotto scorta per la sua strenua lotta contro la mafia. E' fondatore del gruppo Abele, che aiuta i tossicodipendenti, e dell'associazione LIBERA contro i soprusi delle mafie in tutta Italia.Don Ciotti  su Andare-Oltre


"SIATE ERETICI

Vi auguro di essere eretici.

Eresia viene dal greco e vuol dire scelta. Eretico è la persona che sceglie e, in questo senso, è colui che più della verità ama la ricerca della verità.

E allora io ve lo auguro di cuore questo coraggio dell'eresia. Vi auguro l'eresia dei fatti prima che delle parole, l'eresia che sta nell'etica prima che nei discorsi.

Vi auguro l'eresia della coerenza, del coraggio, della gratuità, della responsabilità e dell'impegno.

Oggi è eretico chi mette la propria libertà al servizio degli altri. Chi si impegna la libertà propria per chi ancora libero non è.

Eretico è chi non si accontenta dei saperi di seconda mano, chi studia, chi approfondisce, chi si mette in gioco in quello che fa.

Eretico è chi si ribella al sonno delle coscienze, chi non si rassegna alle ingiustizie. Chi non pensa che la povertà sia una fatalità.

Eretico è chi non cede alla tentazione del cinismo e dell'indifferenza.

Chi crede che solo nel noi, l'io possa trovare una realizzazione.

Eretico è chi ha il coraggio di avere più coraggio."

 Don Luigi Ciotti

***

Nel vocabolario online "Treccani"  viene così definito il termine eretico: 

eretico dal lat. tardo haeretĭcus, gr. αἱρετικός, propr. «che sceglie» 1. Chi, (..)  nega pertinacemente o anche solo mette in dubbio qualcuna delle verità rivelate o dei dogmi di fede.

ereṡìa dal lat. haerĕsis (nel sign. eccles.), gr. αἵρεσις, propr. «scelta», der. di αἱρέω «scegliere»] 
1. Dottrina che si oppone a una verità rivelata e proposta come tale dalla Chiesa cattolica e, per estens., alla teologia di qualsiasi chiesa o sistema religioso, considerati come ortodossi. 
2. estens. e fig. a. Idea o affermazione contraria all’opinione comunemente accettata; in riferimenti politici, atteggiamento che contrasta con i principî dottrinali e le linee direttive (di un partito, di un regime, ecc.).

Don Ciotti  su Andare-Oltre



12/05/2014
Sono molto emozionato e vi porto tutta la mia amicizia […] Nell’invito che mi avete mandato, Roberto Burdese ha scritto per me una frase che io vi riconsegno e che voi conoscete molto bene: «Il sogno condiviso di un sistema alimentare ispirato dai principi del buono, pulito e giusto».

Sì, c’è bisogno di giustizia, vi prego c’è bisogno di giustizia nel nostro Paese e non solo: dobbiamo uscire anche dai nostri recinti, dobbiamo guardare a questa mondialità, guardare alla vergogna della fame che travolge milioni, miliardi di persone. In Italia il problema non è solo l’insufficienza di giustizia, ma la
 scarsa perseveranza nel costruire giustizia. I ragazzi 
che noi accogliamo al gruppo Abele arrivano con storie pesanti e non ricevono 4 ore alla settimana in alternativa alla pena. Io non voglio giudicare nessuno, ma c’è bisogno di giustizia nel nostro Paese, una giustizia che deve essere costruita. Da anni in Italia c’è una guerra silenziosa, che non è combattuta con le armi militari, ma con quelle economiche. È questa la guerra silenziosa che sta avvenendo nel mondo. È in atto un gigante furto di lavoro, di giustizia e di speranza. Bisogna guardare alle nostre realtà, ma essere anche un po’ strabici e rivolgerci oltre per fermare questa guerra che sta assassinando la speranza di milioni di persone. Per ogni minuto che passa, la spesa militare nel mondo è uguale a 3.000.000 $, e non ci sono i soldi per la giustizia e la dignità delle persone. Abbiamo bisogno di giustizia. Ci sono 9.000.000 di persone in povertà relativa in Italia, 5.000.000 in povertà assoluta, ma tra chi ha perso lavoro, chi cerca lavoro, chi vive forme di precariato, chi è in cassa integrazione, chi è sfruttato, noi abbiamo 7.000.000 di persone nel nostro Paese, che vivono il disagio lavorativo. Non è possibile, e la cosa che ancora di più mi sconcerta, è che mentre noi sediamo al tavolo delle grandi potenze, l’Italia ha 6.000.000 di persone analfabete […]. Noi siamo qui per riflettere insieme, per unire i nostri pensieri, le nostre esperienze, i nostri vissuti, perché abbiamo bisogno di giustizia, di dignità, di lavoro. E il vostro grido è un grido di dignità per voi e anche per quelli che fanno più fatica. L’Italia è tra i primi posti tra i paesi europei per la corruzione pubblica e non riusciamo ad avere una legge completa di contrasto alla corruzione, la stessa che l’Europa ci chiede dal 1999. La corruzione è una ferita dentro di noi, non è un problema marginale: inquina l’economia e la politica. Deve farci stare male questa situazione.

Gli affari sporchi delle mafie interessano ormai tutta la filiera agroalimentare e con sofferenza vi devo dire che le mafie sono tornate forti. Questo non deve farci dimenticare la stima e la riconoscenza per quel coraggio e quell’impegno di molti segmenti della magistratura e delle forze di polizia, delle istituzioni, non deve farci dimenticare quella positività che anche insieme abbiamo costruito sui beni confiscati. Le sottolineo queste positività che danno dignità e speranza, ma devo ricordare che negli ultimi 20 anni in cui abbiamo lavorato insieme per fare crescere la legalità, è cresciuta di più l’illegalità nel nostro Paese. Già perché non è sufficiente quello che facciamo quando dall’altra parte c’è chi ha fatto leggi ad personam, quando non si fanno leggi come si dovrebbe, quando non riusciamo ad avere una legge sulla corruzione adeguata, quando da 21 anni chiediamo una legge che metta nel codice penale i reati contro l’ambiente e non riusciamo ancora a ottenerla, perché i venti contrari, gli interessi contrari ci sono e sono puntuali. Le mafie sono ritornate forti, ve lo dico con estrema cognizione di causa, ma anche con tanta fatica. Hanno tanto denaro liquido in questo momento di grande crisi e comprano, investono, acquistano loro i terreni. Partono proprio dall’acquisto dei terreni e compongono tutta la filiera, fino ad arrivare ai centri commerciali. Matteo Denaro Messina aveva una percentuale alta in una catena di supermercati Italia ed è latitante da parecchi anni. La mafia ce la troviamo sulle nostre tavole, 34 ristoranti e pizzerie a Roma sequestrati dalla magistratura perché in mano all’ndrangheta calabrese. […].

C’è una violenza in guanti bianchi, una violenza anonima, del denaro che circola solo per produrre dell’altro denaro uccidendo il lavoro di tante persone. Le mafie prestano denaro attraverso pseudo società finanziarie a piccole-medie imprese in difficoltà, sono forme di usura. E in questo momento di fatica di tanta gente, inconsapevolmente molti vengono strangolati in questa situazione, ma il grande dato è la mafiosità. C’è una mafiosità diffusa che è il vero patrimonio delle mafie e dei corrotti, prima ancora del patrimonio economico e non sono io a dirlo, ma lo ha affermato in una sua relazione un paio di anni addietro la Banca d’Italia: questi personaggi mafiosi “siedono nei consigli di amministrazione di Enti pubblici”. Allora amici vi esorto nella gratitudine delle cose cha abbiamo costruito in questi anni insieme, quella raccolta di firme, 1.000.000, per sottrarre ai mafiosi i patrimoni e restituirli alla collettività, ci siamo inventati insieme le cooperative sui beni confiscati. Oggi la legge deve cambiare. Questi anni hanno permesso di vedere le ombre, i ritardi, la burocrazia del sistema, ma nonostante questo abbiamo costruito insieme qualcosa. Io ricordo la prima pasta che faceva schifo, era scotta, biologica, ma scotta e il primo vino diciamo che era buono per non umiliare i ragazzi. Poi siete arrivati voi con la vostra competenza e professionalità e poi sono arrivati gli altri amici, Cia e Coldiretti, perché bisogna stare insieme perché quello è un nemico, la mafia è un nemico.

E allora è stato tutto possibile. Il vino oggi è buono e in quel vino c’è anche un pezzo di voi, di chi si è messo in gioco per dare una mano. E lo so che è una piccola cosa quella che abbiamo fatto, quanto di più si potrebbe fare qui e altrove. E abbiamo lavorato perché qui e in Europa, dove l’ultimo dato parla di 3600 organizzazioni criminali, ci sia una direttiva di confisca dei beni a livello europeo e la restituzione alla collettività. Prepariamoci dunque a dare una mano in territori più difficili sparsi per il mondo, per accompagnarli ricchi di questa esperienza, con i nostri limiti e le nostre fatiche, ma coscienti del fatto che insieme è possibile. Le mafie non rimangono in silenzio e proprio in questi giorni c’è rappresaglia, dopo che il Papa ha voluto ricevere e sentire quei nomi incessanti di tutti i familiari delle vittime di mafia, ma se siamo uniti è il bene che vince, non vince il male e non vince la violenza e chi copre le mafie, perché i mafiosi sono nessuno. La mafia è forte, ma la forza della mafia non è dentro, ma sta fuori dalla mafia. Libera è in tutti i processi come costituzione di parte civile contro la famiglia di Matteo Denaro Messina, nel processo stato e mafia, siamo in tutti i processi contro le slot machine che mafia e camorra gestiscono. Siamo cittadini che mettono la loro faccia. Vi prego non chiamiamoci più società civile perché è come l’acqua bagnata, chiamiamoci società responsabile perché non si può essere cittadini a intermittenza, come sono tanti. E non facciamo come quelli che si commuovono per Lampedusa e poi non si vedono più, perché non basta commuoversi, ma bisogna muoversi di più tutti.

Allora non rassegniamoci a questa convivenza, non rimaniamo a guardare, dobbiamo ribellarci all’impotenza per fare in modo che a esser normale non sia l’illegalità e la corruzione, le mafie e la furbizia, ma che a diventare normale con l’impegno di tutti, sia la trasparenza. Io credo che si debba sempre distinguere per non confondere, che è importante valorizzare quanti nei vari ambiti sono onesti, puliti e trasparenti. Anche in politica c’è della bella gente che ci crede e s’impegna, pertanto bisogna evitare le facili generalizzazioni che ogni tanto si sentono, perché è il sistema che deve cambiare. Ovvio ci sono anche i lazzaroni che magari vanno a occupare il Ministero dell’Interno. Lasciatemi dire quello che diceva Giuseppe Dossetti, uno dei padri della Costituzione italiana e poi monaco, chiuso a Montesole nel silenzio della parola e che quando ha visto che qualcuno voleva mettere in discussione la Costituzione, sempre da monaco ha ripreso la parola dicendo: «che senza il rinnovamento profondo e radicale e delle coscienze e delle persone responsabili della vita amministrativa e politica, il rinnovamento sarà più apparente che reale».

È la responsabilità la spina dorsale della democrazia e della nostra Costituzione e la nostra Costituzione è fondata sull’etica della responsabilità. E la prima parte della Costituzione non deve essere cambiata, ma attuata. E allora la responsabilità è un sentimento morale che nasce dal rapporto vivo con la propria coscienza. Cedere la propria responsabilità è rinunciare alla nostra libertà. Siamo chiamati oggi più che mai tutti a scelte coraggiose. Il coraggio di fare scelte anche scomode e di rifiutare i compromessi. Bisogna prendere posizione e decidere ancora più oggi da che parte stare. Dobbiamo uscire dai nostri recinti. Cito le parole di Papa Francesco nel documento che ha mandato per la Giornata mondiale della pace il 1° gennaio, e i contenuti della telefonata che poi ha avuto con Carlo Petrini. In quella telefonata al di là dei riferimenti che qua ognuno rappresenta c’eravate anche voi, il vostro impegno, le vostre scelte che hanno permesso di graffiare la coscienza di tanta gente nell’arco di questi anni. E il Papa in quel documento parla della natura, dell’ambiente, dell’agricoltura, cioè parla di voi quando dice: «la fraternità aiuta a custodire e coltivare la natura in particolare il settore agricolo e il settore produttivo primario con la vitale vocazione di coltivare e custodire le risorse naturali per nutrire l’umanità». Allora qui dobbiamo uscire, sui nostri orti, sui lavori meravigliosi fatti sui beni confiscati e non dimentichiamo che è proprio l’umiltà la derivazione della parola humus che vuol dire terra. Essere umili vuol dire terra. La terra ci invita a essere persone umili. Io credo che sia giusto riconoscere il bene che c’è introno a noi per valorizzarlo e promuoverlo. Io sono nato in montagna a Pieve di Cadore e in posti così ami la natura, non puoi non amarla, il bisogno di quella dignità, di quelle vacche. Ci siamo incontrati di recente con gli amici della Coldiretti del Piemonte che ci hanno proposto le asine per il latte, perché abbiamo bisogno di dare dignità al lavoro dei ragazzi. E allora stiamo insieme con la capacità di riconoscere il bene che c’è attorno a noi per valorizzarlo, promuoverlo e sostenerlo. Anche voi siete un segno concreto di questo bene a partire de quella meraviglia di Terra Madre, perché la terra è la madre che ci dice che cosa è la speranza. C’è un grande bisogno di speranza e noi dobbiamo essere un segno di speranza curando tra noi alleanze e fiducia, stupore e accoglienza reciproca. Speranza è la consapevolezza che solo unendo le forze degli onesti la richiesta di cambiamento diventa forza di cambiamento.

Vi auguro di essere eretici perché eresia dal greco significa scelta. Eretico è la persona che sceglie. L’eretico è colui che più della verità ama la ricerca della verità. L’eresia dei fatti prima di quella delle parole. L’eresia che sta nell’etica prima che nei discorsi. L’eresia della coerenza, del coraggio, della gratuità, della responsabilità, dell’impegno. Oggi è eretico chi mette la propria libertà al servizio degli altri, chi impegna la propria libertà per chi ancora libero non è. Eretico è colui che non si accontenta dei saperi di seconda mano, chi studia chi approfondisce chi si mette in gioco in quello che fa chi crede che solo nel “noi” l’”io” possa trovare una realizzazione. Chi si ribella al sonno delle coscienze, chi non si rassegna alle ingiustizie, chi non pensa che la povertà sia una fatalità. Chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza che sono le malattie spirituali della nostra epoca.

Trascrizione dell’intervento di Don Luigi Ciotti il 10/05/2014 al Congresso di Slow Food Italia 



Ciotti, Luigi
Enciclopedia on line

Ciotti, Luigi. – Sacerdote italiano (n. Pieve di Cadore, Belluno, 1945). Attivo nel sociale, nel 1965 ha fondato il gruppo di impegno giovanile Gruppo Abele, che negli anni si è occupato, tra l’altro, delle persone in difficoltà e di combattere dipendenze di ogni tipo (alcolismo, droghe, gioco d’azzardo), aprendo comunità e utilizzando come strumenti soprattutto la comunicazione e la cultura come forme di prevenzione. Il Gruppo ha l’intento di risolvere il disagio sociale nel modo più ampio possibile, aiutando anche i malati di AIDS e le prostitute e cercando di far integrare i migranti. Nel 1992 fonda il mensile Narcomafie e il suo impegno si amplia al contrasto alle mafie con la nascita nel 1995 di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, che coordina oggi oltre 1.600 realtà nazionali e internazionali che si occupano in vario modo del contrasto alla criminalità organizzata. Fra gli scopi dell’associazione: promuovere i diritti di cittadinanza, la cultura della legalità democratica e la giustizia sociale; valorizzare la memoria delle vittime di mafie; contrastare il dominio mafioso del territorio. Giornalista pubblicista dal 1988, C. collabora con vari quotidiani e periodici, tra cui: La Stampa, l’Avvenire, l’Unità, il Manifesto, Il Sole-24 Ore, il Mattino, Famiglia Cristiana. Del 2020 è il testo autobiografico L'amore non basta.




Don Luigi Ciotti chi è: età, dove e quando è nato, Libera, Gruppo Abele, Gino Strada, l’eresia


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