"La prima cosa che io e le mie sorelle abbiamo fatto è stata nascondere i nostri documenti d’identità, diplomi e certificati. È stato devastante. Perché dovremmo nascondere le cose di cui dovremmo essere orgogliosi? In Afghanistan ora non ci è permesso essere conosciute come le persone che siamo. […]"
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«Verranno per le persone come me e mi uccideranno. Sono seduta qui in attesa che arrivino. Non c'è nessuno che aiuti me o la mia famiglia. Sto solo seduta con loro e mio marito. Non posso lasciare la mia famiglia. E comunque, dove andrei?» ha detto. Coi suoi 27 anni è la sindaca più giovane dell'Afghanistan, nonché una delle poche ad aver ricoperto questo incarico. Lei ha sempre combattuto in nome delle donne, consapevole di quanto per loro la vita fosse costantemente a rischio, di quanto fossero perennemente private di diritti essenziali a cominciare dall’istruzione. Ora che la situazione è precipitata sa che è il momento di insistere, anche se questo significa andare in contro a morte certa: «Sono distrutta. Non so su chi fare affidamento. Ma non mi fermerò ora, anche se verranno di nuovo a cercarmi. Non ho più paura di morire»
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